A quanto pare la macchina dell’informazione distorta dopo una prima tappa di partenza dalla città di Prato, fa sosta dovuta nella capitale Firenze (capitale soprattutto della produzione di rifiuti urbani residui) dai quali palchi si torna a sponsorizzare ipotesi varie tra gassificatori e inceneritori, presentate come sola e unica soluzione per la gestione e chiusura del ciclo rifiuti.
Come abbiamo già detto molte volte, ma dobbiamo tornare a ricordarlo agli esperti, con gli inceneritori e i gassificatori non si chiude il ciclo dei rifiuti, in quanto in questi impianti rimane sempre una quantità di rifiuto che viene trasformato dagli inceneritori in rifiuto speciale da conferire obbligatoriamente in discariche speciali.
Sempre riguardo agli aumenti sulla tariffa Tari, sulla quale si continua ad insistere da più parti, dobbiamo precisare una volta per tutte che gli ingenti aumenti che ci saranno nel 2023 non dipendono dall’aumento dei costi di smaltimento dei rifiuti, che incidono per solo lo 0,87%, in quanto a fronte di ricavi Tari di Alia per 311 milioni (da ultimo bilancio consolidato disponibile), ci sarà un incremento di costi di nel 2023, come riportato dal sindaco di Prato Biffoni, di 3 milioni di euro, quindi rispetto al totale della Tari questo corrisponde ad un incremento della Tari derivante dai costi di smaltimento dei rifiuti del solo 0,87%.
Questi impianti proposti, che avrebbero un costo di 400 milioni di euro ed una vita di circa 30 anni, avrebbero un impatto continuativo ogni anno per 30 anni sulle bollette della Tari di ognuno di noi, per un totale di più di 13 milioni di euro ogni anno, cioè più di quattro volte l’aumento presentato ad oggi come già insostenibile. A fronte di ciò ci dovrebbero spiegare come dovremmo fare a sopportare un aumento annuo di 13 milioni di euro rispetto ai 3 attuali.
Il fatto è che questi ingenti investimenti (da noi pagati in bolletta) servirebbero ad Alia per finalizzare la sempre più difficile quotazione in borsa della multiutility, ed il fatto che si cerchi di forzare i tempi con ogni tipo di escamotage possibile deriva dal fatto che se Alia non riuscirà a concludere la quotazione in borsa entro il marzo 2024, perderà di fatto lo status di società quotata in borsa, in quanto a marzo 2024 scadrà il prestito obbligazionario quotato sui mercati finanziari (Eurobond 50 €/Mil – c/o l’Irish Stock Exchange di Dublino-Republic of Ireland), che Alia ha piazzato sette anni fa sul mercato e per il quale è qualificata come EIP (Ente di Interesse Pubblico ex art. 16 del D.lgs. n° 39/2010 e s.m.i.)
Se Alia dovesse perdere questa qualifica, sarebbe costretta a licenziare più della metà del proprio Consiglio di Amministrazione e la società rientrerebbe nuovamente Sotto la normativa del Testo Unico per le Società Pubbliche che impone molte restrizioni e controlli molto più stretti, cosa che evidentemente alla dirigenza della società non piace, ma che forse gioverebbe alla collettività per mettere un freno all’evidente comportamento che ultimamente Alia ha dimostrato, con una sempre maggiore mancanza di rispetto verso le istituzioni e i cittadini, dai quali è bene ricordare essa ancora dipende.
Non è facile però spiegare perché una parte della politica utilizzi in modo strumentale le cifre dei bilanci in modo da favorire operazioni che porterebbero alle tasche dei cittadini non un risparmio ma un ulteriore grande aggravio dei costi. Una ipotesi per questo comportamento di alcuni politici, sta senz’altro nel fatto che con un aumento dei costi ed una eventuale quotazione in borsa, aumenterebbero le tariffe della tari e di conseguenza anche i dividendi che entrerebbero nelle casse dei comuni, i quali lamentano ormai cronicamente da molti anni un deficit di entrate ed una difficoltà nello svolgere le normali attività di erogazione dei servizi. A testimonianza di questo ci sono i 28 milioni di dividendi dagli utili del bilancio 2022 che i soci (i comuni) si divideranno a breve, e che guarda caso rappresentano l’8% di aumento medio della TARI dell’anno 2022.
Dobbiamo tenere sempre presente che i servizi erogati dai comuni li abbiamo già pagati con le nostre tasse che dovrebbero quindi coprire i servizi, ma a quanto pare non bastano ai comuni e quindi questi cercano con questa ciclica operazione di applicare ai cittadini quella che può essere definita a tutti gli effetti come una seconda tornata di tassazione occulta sui cittadini, i 28 milioni ne sono la prova.
L’unico ed il solo modo di ridurre i costi di gestione dei rifiuti è quello di ridurre il quantitativo di rifiuti prodotto, e per questo si deve ovviamente andare contro agli interessi di un consiglio di amministrazione che sta dimostrando di lavorare nell’unica direzione dell’aumento dei costi di gestione e di esercizio, e si deve andare contro anche agli interessi di quella parte politica che vede in questa una chiara opportunità per aumentare le entrate nei propri bilanci comunali con una tassazione occulta.
L’unico modo per risolvere il problema è liberare i cittadini e la politica dal sistema che trae profitto dal problema stesso, e certamente in questo senso le dichiarazioni e le azioni di ognuno avranno un peso certo alla prossima tornata in cui i cittadini saranno chiamati ad esprimere una loro opinione. Basta con le azioni di forza, chi ha un po’ di cervello, coraggio vero, indipendenza e lungimiranza lo dimostri adesso, i cittadini sapranno tutelare i loro interessi e chi dimostrerà di averli compresi.
In conclusione, ribadiamo che rimarremo sempre vigili e pronti a mobilitarci contro ogni azione che preveda la realizzazione di un impianto di gestione sporca dei rifiuti, sbagliato e non voluto dalla cittadinanza. Non esiteremo a mettere in campo tutte le risorse a nostra disposizione e coinvolgendo la comunità, per proteggere il futuro dei nostri territori e garantire il rispetto del volere dei suoi abitanti. La nostra lotta non termina qui: continueremo a vigilare e a denunciare qualsiasi tentativo di imporre soluzioni non sostenibili, non utili e non condivise per il territorio.
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